sábado, 29 de noviembre de 2008

Ormai è storia! Il sole, mai così minimo da un secolo

L'attuale minimo solare è prossimo ai tre anni di durata, in cui vi sono stati quasi 500 giorni senza macchie. Ma la cosa più importante è che è stato battuto il record di giorni senza macchie del 1933 e sta per esserlo anche quello del 1954.



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Aldo Meschiari: 29-11-2008 ore 08:18

Stiamo per giungere al traguardo dei tre anni di durata di questo minino solare, collocato tra il ciclo 23 ed il ciclo 24. E per ora davvero si fa fatica a vedere segnali espliciti di una vera partenza del nuovo ciclo. A dir la verità, invece, ogni tanto qualcuno prova ad annunciare la ripresa dell'attività solare, ma sempre senza successo. Tanto che questo "gridare al lupo" sta producendo il classico effetto controproducente di una forte diffidenza ad ogni nuovo strillo mediatico. Appare con chiarezza che a tutt'oggi le informazioni che abbiamo sulla nostra stella sono troppo esigue per poter effettuare previsioni sicure sulla sua attività.

I dati invece ci mostrano una durata del minimo davvero eccezionale.
Sono circa 500 i giorni spotless, cioè senza macchie solari: per la precisione mentre scrivo sono 483. Ricordo che le macchie che si formano sulla superficie della nostra stella sono parti più fredde rispetto alle circostanti, ed indicano una forte attività geo-magnetica. Quando il sole è più attivo magneticamente, il numero di macchie aumenta e per molti studiosi questo comporta conseguenze anche per il clima terrestre, che va incontro ad una fase più calda. Se invece l'attività geomagnetica solare è bassa, e quindi il numero di macchie è pari a zero o molto esiguo, allora il clima del nostro pianeta subisce un raffreddamento.

Ma il dato più importante è che il 2008 ha superato il 1933 riguardo al numero di giorni spotless, e sta per superare anche il 1954. Infatti con 238 giorni privi di macchie, il 2008 risulta vicino al 1954 che di giorni spotless ne aveva contati circa 240, mentre ha già sopravanzato il 1933, coi suoi 237 spotless days. Ciò significa che quando fra pochi giorni supereremo anche il 1954, il 2008 si posizionerà come terzo anno per maggiore numero di spotless days dal 1912. Inoltre appare evidente che anche il 1912 è alla portata di un possibile sorpasso: con circa 255 spotless days non è poi così lontano.
Insomma, era un secolo che il sole non tirava così fortemente il freno!

Anche il flusso solare appare davvero molto basso in questi mesi, spesso sotto il valore di 70.
Per capire l'importanza di tale dato bisogna capire cosa indica il flusso solare.
In parole semplici la nostra stella produce un campo magnetico davvero immenso, che arriva ad investire nelle sue varie forme tutto il sistema solare e che coincide con la cosiddetta eliosfera. Tale energia elettromagnetica è rappresentata dal vento solare, dai flares, dalle famose macchie solari, dall'energia radiativa. La misurazione di tale forza energetica è appunto il flusso solare, che rappresenterebbe il tasso di scorrimento di energia solare che passa ogni secondo in un cm quadrato della superficie di un oggetto.

A questo punto viene sempre più da chiedersi quali saranno gli effetti di tale minimo.
Sicuramente vengono in mente altre epoche caratterizzate da lunghi periodi senza macchie solari o con numeri esigui di macchie: il ciclo di Dalton o addirittura quello di Maunder.
Tali cicli che coincisero con l'inizio del 1800 e del 1700 sono diventati famosi come momenti topici della PEG, la Piccola Era Glaciale. Ma per fugare subito ogni possibile conclusione affrettata, diciamo che in tali periodi non era solo la lunghezza dei minimi ad essere stata eccezionale, ma la bassa intensità dei massimi. Ciò è possibile notarlo osservando il secondo grafico: una serie di cicli undecennali con numero di macchie complessivo davvero esiguo, nel caso di Maunder praticamente assente. Una tale bassissima attività solare, che avrebbe di certo forti ripercussioni climatiche, è impossibile da prevedere con certezza scientifica per il prossimo futuro.

Per ora le ipotesi scientifiche sono tantissime: dopo che l'attività della nostra stella è stata per troppo tempo considerata una semplice costante, ora la scienza si sbizzarrisce per cercare di prevedere i possibili effetti che tale bassissima attività del sole potrebbero avere sul clima terrestre.
Molte di queste ipotesi sono già state esaminate sul nostro giornale.
Di certo questa situazione si presenta come un'ottima opportunità per studiare direttamente quali saranno le conseguenze climatiche di un sole così debole.

sábado, 15 de noviembre de 2008

l satellite sentenzia: temperature mondiali stabili nel mese di Ottobre


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Marco Rossi: 14-11-2008 ore 09:02

Temperature satellitari piuttosto stabili, in questo ultimo mese di Ottobre, almeno a confronto con il precedente Settembre.

Le rilevazioni della bassa Troposfera, che esaminano i dati soprattutto dello strato d'aria compreso tra gli 0 ed i 3000 metri di quota, hanno registrato una temperatura superiore alla norma di +0,16°C, valore identico a quello del passato mese di Settembre.

In complesso, l'anno 2008 avrebbe avuto finora uno scarto dalla norma di +0,01°C, cioè praticamente siamo nella piena normalità del trentennio 1979-2008.

Lo scorso anno invece i primi dieci mesi si erano conclusi con uno scarto dalla norma di +0,3°C, l'abbassamento della temperatura globale di 3 decimi in un anno è piuttosto significativo.

Al secondo sensore di rilevazioni satellitari, quello che presenta la massima densità di dati rilevati a circa 5000 metri di altezza, la temperatura terrestre presenta uno scarto negativo, pari a -0,02°, e l'anno 2008 presenta, al momento, uno scarto dalla norma 1979-2008 di -0,13°C, un anno dunque lievemente freddo.

Lo scorso anno aveva registrato uno scarto positivo di +0,16°, e dunque, anche a questa quota, la diminuzione è stata pari a -0,29°C.

Esaminando i dati nei dettagli, notiamo che, quasi come valore costante, i Continenti si sono riscaldati più degli Oceani, +0,40°C contro +0,03°C.

Inoltre, l'Emisfero Nord, è stato più caldo di quello Sud: +0,25° contro +0,08°C.

Il Polo Nord è stato piuttosto caldo, con uno scarto termico di +0,67°C, mentre quello Sud è stato più freddo della norma di -0,53°C.

Indubbiamente, gli Oceani funzionano da "volano termico" molto più della Terraferma, presentando quindi anomalie termiche molto contenute.

viernes, 14 de noviembre de 2008

El trópico no se calienta


Si a escala global las mediciones indican que no ha habido subida térmica en los últimos diez años, la no-subida en la zona tropical se puede aplicar a los 30 últimos años, desde 1980. Se mida como se mida: con globos, con satélites o con garitas en el suelo.

Pongo arriba una gráfica de la evolución de la temperatura en la zona tropical (20ºN-20ºS) que extraigo de la página web del Met Office. Confío que el copyright real no se enfade porque haya utilizado el metodo CPyT (corta, pega y traduce) para presentarla aquí.

Las mediciones de satélite se refieren a la baja troposfera, que es la capa de aire entre el suelo y unos 3.000 o 4.000 metros de altura. Miden la temperatura del aire por la captación que hacen de las microondas que emite el oxígeno. Comenzaron en 1979. Dos organismos, más o menos liados a la NASA, publican todos los meses sus resultados. Son UAH (Universidad de Alabama en Huntsville) y RSS (Remote Sensing Systems). Pueden leerse en la web y cada vez somos más los que los consultamos (aquí y aquí)

Aparece también en la gráfica la evolución térmica indicada por los radiosondeos con globo en la baja troposfera que se realizan de forma periódica en diversas estaciones, no muchas, de aquella zona.

Y finalmente, en verde, aparece la evolución de la temperatura media a partir de los datos de los termómetros de las garitas instaladas en tierra.

Ciclones, tifones, huracanes, inundaciones y sequías, Niños y Niñas, emigraciones y hambrunas, pérdida de biodiversidad, tsunamis ... todo el trópico afectado por el CO2 y el cambio climático. Sin embargo, lo esencial del calentamiento global, el calentamiento, resulta en estas tres últimas décadas inapreciable.

ref. http://hadobs.metoffice.com/hadat/images.html
posted by Antón Uriarte @ 12:42 AM

jueves, 13 de noviembre de 2008

This year’s Antarctic ozone hole is 5th biggest

This year’s Antarctic ozone hole is 5th biggest

9 11 2008

September 12th, 2008 Ozone hole over the Antarctic

Palette relating map colors to ozone values

From NASA News

This is considered a “moderately large” ozone hole, according to NASA atmospheric scientist, Paul Newman. And while this year’s ozone hole is the fifth largest on record, the amount of ozone depleting substances have decreased about 3.8% from peak levels in 2000. The largest ozone hole ever recorded occurred in 2006, at a size of 10.6 million square miles.

The Antarctic ozone hole reached its annual maximum on Sept. 12, 2008, stretching over 27 million square kilometers, or 10.5 million square miles. The area of the ozone hole is calculated as an average of the daily areas for Sept. 21-30 from observations from the Ozone Monitoring Instrument (OMI) on NASA’s Aura satellite.

More here and here from NASA

What I find most interesting is this press release from last year from NASA:

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Sunlight has more powerful influence on ocean circulation

Sunlight has more powerful influence on ocean circulation and climate than North American ice sheets

9 11 2008

From Physorg.com: A study reported in today’s issue of Nature disputes a longstanding picture of how ice sheets influence ocean circulation during glacial periods.

The distribution of sunlight, rather than the size of North American ice sheets, is the key variable in changes in the North Atlantic deep-water formation during the last four glacial cycles, according to the article. The new study goes back 425,000 years, according to Lorraine Lisiecki, first author and assistant professor in the Department of Earth Science at the University of California, Santa Barbara.

Lisiecki and her co-authors studied 24 separate locations in the Atlantic by analyzing information from ocean sediment cores. By observing the properties of the shells of tiny marine organisms, called foraminifera, found in these cores, they were able to deduce information about the North Atlantic deep water formation. Scientists can discern historical ocean temperature and circulation patterns through the analysis of the chemical composition of these marine animals.

Previously, scientists relied on a study called “Specmap,” performed in 1992, to find out how different parts of the climate system interacted with one another during glacial cycles. Specmap analyzed ocean circulation at only one place in the Atlantic. Read the rest of this entry »

Carbón americano

Tuesday, November 11, 2008

Carbón americano

Hace poco más de un mes, en Gijón, a la una y media de la noche de un lunes, catorce socios de Greenpeace se montaron en tres zodiacs y abordaron un barco que traía carbón colombiano. Hicieron una gran pintada en el casco, "Abandonemos el carbón", y tras unas triunfantes declaraciones a la prensa pasaron por el cuartelillo de la Guardia Civil, de donde salieron libres y sin cargos, no faltaría más. De allí volvieron, ya de mañana, a su barco base, el "Arctic Sunrise", en donde les esperaba un rico desayuno de chocolate con churros (esto me lo supongo yo).

A mí me caen mejor los piratas de Somalia, !qué le voy a hacer !

Si el carbón americano, en vez de ser de Colombia, hubiese sido de Estados Unidos, no creo que se hubiesen ido de rositas. España importa al año más de un millón de toneladas de carbón de Estados Unidos.

Las exportaciones de carbón han crecido espectacularmente en aquel país y aún más durante los últimos meses. Veremos qué pasa con el nuevo presidente. Si el carbón es un producto tan nefasto y Obama tan ético y global, el gobierno federal tendría derecho a impedir su exportación, como ya lo ha hecho con otros productos.

Obama ha cambiado mucho desde que sólo era senador de un estado (Illinois), en donde el carbón aporta el 50 % de la electricidad y la energía nuclear el otro 50 %, a cuando ha sido candidato a la presidencia y se ha vuelto ecologista. Cuando asuma la presidencia, no sé qué postura real adoptará, aunque supongo que la inercia le llevará a seguir sosteniendo un discurso ecologista, de descarbonización, de "planeta en peligro" y blablabla. Uno más.

ref.:
Quarterly Coal Report - U.S. Coal Exports
La Nueva España

Sunday, November 09, 2008

A paladas


Más y más paladas. El crecimiento de la producción global de carbón, según la Agencia Internacional de la Energía, seguirá aumentando su participación en la producción eléctrica, que pasará de ser el 40% en 2005 al 45% en 2030.

Oh, oh, oh ... el CO2 sube, peligra el planeta...

Al planeta, Sr. Presidente, le importa un comino que el CO2 suba. La historia geológica de los últimos 500 millones de años indica que la concentración de CO2 casi siempre estuvo muy por encima de la actual. El carbono fósil que devolvemos a la atmósfera estuvo ya en el aire algún día y las plantas crecieron (y crecen hoy en los invernaderos) gracias a él y con concentraciones bastante superiores a esas 450 o 500 ppm (partes por millón) que nos quieren imponer como límite de no sé qué catástrofe planetaria (hoy vamos por unas 385 ppm).

Pero seguirán pataleando, metiéndonos miedo y culpa mística, y haciendo creer a los más ignorantes, sin cortarse un pelo, que el CO2 es un gas nocivo para el ser humano.

No en todas partes tendrán el mismo éxito. No es lo mismo meterse con el carbón en Polonia, en donde suministra el 90% de la electricidad, que en Francia, en donde no alcanza ni el 5%. El primer ministro polaco declaró hace poco: yo no le digo a los franceses que sustituyan sus centrales nucleares por molinos de viento, que no me digan ellos tampoco lo que los polacos tenemos que hacer con nuestro carbón y nuestras centrales.

Los polacos serán duros de convencer. Habrá que enviarles unos cuantos apóstoles de Comisiones Obreras, para que les hagan un inventario, como el que han hecho aquí en España, de las centrales y empresas más "contaminantes".
ref.:
World to Stay Hooked on Fossil Fuels - IEA
Prometheus
Sólo 120 industrias acumulan el 36% de las emisiones de CO2 · ELPAÍS.com
http://www.istas.ccoo.es/descargas/Emisiones CO2 CCAA 2007.pdf

martes, 11 de noviembre de 2008

L'avanzata dei ghiacciai in Alaska

E' una notizia che non deve sorprendere più di tanto, in quanto sappiamo che numerosi ghiacciai di questa regione hanno comportamenti piuttosto "singolari", e reagiscono in modo esasperato ai cambiamenti climatici.



immagine articolo 19004 Il Kennicott Glacier nella foto di Lukas Novak da www.panoramio.com/photo/8990801.

Marco Rossi: 10-11-2008 ore 08:01

La notizia è recentissima, di appena pochi giorni fa, e la sua "fonte" è proprio quel geologo , Bruce Molnia, che, appena lo scorso anno, aveva pubblicato uno splendido studio sui ghiacciai dell'Alaska, evidenziandone il grande arretramento sviluppatosi soprattutto nell'ultimo cinquantennio.

Alcuni di questi grandi ghiacciai sono addirittura scomparsi, nel corso del 20° Secolo; il grande ghiacciaio Muir Glacier, tra il 1941 ed il 2004 si è ritirato di ben 20 chilometri, ed il suo spessore è diminuito di 800 metri, tanto per fare un esempio.

I dati pubblicati nel libro "Glaciers in Alaska", lasciavano intendere che il 99% dei ghiacciai erano in forte ritiro, e che tale ritiro aveva subito un'importante accelerazione nell'ultimo ventennio, tanto che, entro il 2030, molti di essi sarebbero del tutto scomparsi.

Queste le notizie della pubblicazione che risale appena allo scorso anno.

Negli ultimi giorni, lo stesso geologo Molnia ha effettuato dichiarazioni di stampo opposto, sconvolgendo il mondo dei glaciologi: dai dati satellitari, i ghiacciai dell'Alaska sono risultati in forte crescita, per la prima volta da moltissimo tempo, grazie all'effetto combinato di grandi precipitazioni nevose invernali, e di un'Estate di almeno 3° sotto la norma dal punto di vista termico.

In realtà, i ghiacciai di questa zona sono ipersensibili ai cambiamenti climatici anche solamente piccoli: per alcuni di loro si sono infatti misurate avanzate spettacolari nel corso degli anni '60, di parecchi chilometri in una sola Estate, tanto che si coniò il termine di "ghiacciai galoppanti", fenomeno dovuto non solamente alle variazioni termiche e pluviometriche, ma anche a conformazioni particolari del bacino glaciale e ad altre concause.
Anche gli arretramenti, del resto, sono stati del tutto spettacolari.

Fuori dell'Alaska, è noto il caso del ghiacciaio Kutiah, nella catena del Karakorum, che registrò un'avanzata di 12 km in soli due mesi! Ma in questo caso per motivi ben differenti a un brusco abbassamento di temperatura.

Siccome la notizia di un'inversione di tendenza nell'arretramento generale da parte dei ghiacciai dell'Alaska non è passata inosservata, siamo andati alla ricerca di quelle che possono essere state le cause climatiche di questo avanzamento e a verificare pertanto i dati meteorologici dell'ultimo anno di alcune stazioni situate nel cuore di questo vasto Stato nord americano.

Il grafico termometrico della città di Fairbanks, mostra uno scarto termico positivo di +0,24°C negli ultimi 12 mesi, ma con questa periodizzazione: i mesi di Novembre e Dicembre 2007 sono stati molto miti, così come il mese di Marzo 2008, mentre, effettivamente, ogni altro mese dell'anno 2008 è stato più freddo della norma, seppur di poco, per culminare con un periodo Ottobre- inizio Novembre 2008 freddissimi, di 6-7°C inferiori alla norma, in un vero e proprio inverno anticipato.

Le precipitazioni annue sono in forte crescita, sono caduti 350 mm di pioggia contro una norma di 247 mm.

Anchorage, sulla parte meridionale, vicinissima alle grandi catene montuose dell'Alaska ed alle principali lingue glaciali di questa Nazione, ha forse dati più significativi, anche perché riguardano direttamente la zona dove i ghiacciai si formano.

In questo caso, l'anno 2008, ad eccezione del mese di Marzo, appare notevolmente freddo, costantemente tra 1° e 2°C al di sotto dei valori normali, e con un "picco" di freddo tra Ottobre e Novembre.

Piogge oltre la norma anche ad Anchorage: qui sono caduti 450 mm di pioggia contro una norma annua di 380 mm.

Le condizioni meteorologiche, con temperature nel 2008 più basse della norma, e con precipitazioni abbondanti, sono state dunque veramente favorevoli all'avanzata glaciale.

C'è da chiedersi, invece, se sarà un semplice "fuoco di paglia", oppure solo l'inizio di un ciclo climatico più freddo su questa zona.

Quanto alle cause, viene subito da pensare al prolungato minimo di attività solare, anche se potrebbero essercene altre, come variazioni della temperatura superficiale dell'Oceano Pacifico.

L'intenso Global Warming del Terzo Millennio avanti Cristo

I dati paleografici, mostrano un clima fortemente caldo nei millenni che seguirono l'Era Glaciale, e che precedettero lo sviluppo della Civiltà greco-romana.



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Marco Rossi: 11-11-2008 ore 14:07

Ci sono molti metodi per scoprire il tipo di clima che interessò l'Europa nel lontano passato, quando non esistevano né testimonianze scritte, né, ovviamente, misurazioni pluviometriche.

In questo caso si ricorre allo studio dei fossili, degli strati di terreno, dei pollini, dei ritrovamenti di animali, e dei tipi di alberi che popolavano una certa zona, datati con precisione con il metodo del Carbonio 14.

Da tutti questi dati emerge un Europa che, reduce dalla lunga e gelida Era Glaciale, che aveva visto la calotta polare estendersi su tutta la Scandinavia e le Isole Britanniche, si è presa poi la sua bella rivincita sul gelo invernale, sfoderando un clima caldissimo, molto più dell'attuale.

Tale Optimum Climatico Postglaciale, conosciuto già da diversi decenni, sembra aver raggiunto la sua fase di massima intensità tra il 4000 ed il 2200 a C., un periodo di tempo sufficientemente lungo da permettere alle foreste ed alla vegetazione di conquistare aree settentrionali e di alta montagna.

Le prove che abbiamo a disposizione su questo clima molto caldo sono numerose.

In Scandinavia, anzitutto, la vegetazione arborea era situata ad altitudini di almeno 400 metri più elevate dell'attuale, ed erano presenti foreste di nocciolo (fino a circa 66° di latitudine nord).

In Groenlandia il mitilo è stato ritrovato in depositi di spiagge risalenti a questo periodo, fino a circa 73° di latitudine nord (oggi non va oltre i 66°).

Esaminando gusci di coralli col metodo del Carbonio 14, ne emerge che la Corrente oceanica del Curo Shio fosse più calda di adesso di almeno 4-5°C, e si portasse più a nord di ora.

In Cina il bambù era spostato più a nord di almeno 3° di latitudine, rispetto alle posizioni presenti nel XX Secolo.

Se ne deduce, da tutti questi indizi, che nel nostro Emisfero settentrionale le temperature medie fossero più elevate di almeno 2,5 - 3°C, rispetto a quelle medie dello scorso secolo, e che in Europa gli inverni fossero mitissimi, ma anche le Estati fossero probabilmente più calde di un paio di gradi.

Un vero e proprio "Global Warming" verificatosi in tempi preistorici, dunque.

Esso ebbe grandissima importanza per le popolazioni europee, che trovarono condizioni climatiche favorevoli al loro insediamento sul nostro Continente, potendo anche penetrare a sud dei sistemi montuosi Alpini e Pirenaici, i quali erano quasi del tutto privi di neve, e probabilmente con passi aperti anche in Inverno.

Ma quali le cause di tutto questo caldo, seguito al grandissimo freddo dell'Era Glaciale precedente?

A dire il vero, non si conoscono ancora con esattezza le cause di queste variazioni climatiche così intense e spesso improvvise.

La teoria più accreditata fu formulata dall'astronomo Milankovitch, che prendeva in considerazioni i moti periodici del nostro Pianeta (variazione periodica dell'inclinazione dell'asse terrestre, variazioni periodiche del moto orbitale attorno al Sole), moti che causano anche la variazione della radiazione solare in arrivo sul nostro Pianeta.

Ma potrebbe anche trattarsi di variazioni della ben nota "costante solare", della quantità di radiazione in arrivo dal Sole, che, mutando in percentuali anche molto piccole, potrebbe determinare variazioni anche considerevoli nel nostro clima.

Comunque, tale grande Optimum Climatico ebbe poi fine nel corso dei Secoli successivi, inaugurando un clima molto freddo che accompagnò lo sviluppo della Civiltà Romana nel corso del 1° Millennio avanti Cristo.