martes, 11 de noviembre de 2008

L'avanzata dei ghiacciai in Alaska

E' una notizia che non deve sorprendere più di tanto, in quanto sappiamo che numerosi ghiacciai di questa regione hanno comportamenti piuttosto "singolari", e reagiscono in modo esasperato ai cambiamenti climatici.



immagine articolo 19004 Il Kennicott Glacier nella foto di Lukas Novak da www.panoramio.com/photo/8990801.

Marco Rossi: 10-11-2008 ore 08:01

La notizia è recentissima, di appena pochi giorni fa, e la sua "fonte" è proprio quel geologo , Bruce Molnia, che, appena lo scorso anno, aveva pubblicato uno splendido studio sui ghiacciai dell'Alaska, evidenziandone il grande arretramento sviluppatosi soprattutto nell'ultimo cinquantennio.

Alcuni di questi grandi ghiacciai sono addirittura scomparsi, nel corso del 20° Secolo; il grande ghiacciaio Muir Glacier, tra il 1941 ed il 2004 si è ritirato di ben 20 chilometri, ed il suo spessore è diminuito di 800 metri, tanto per fare un esempio.

I dati pubblicati nel libro "Glaciers in Alaska", lasciavano intendere che il 99% dei ghiacciai erano in forte ritiro, e che tale ritiro aveva subito un'importante accelerazione nell'ultimo ventennio, tanto che, entro il 2030, molti di essi sarebbero del tutto scomparsi.

Queste le notizie della pubblicazione che risale appena allo scorso anno.

Negli ultimi giorni, lo stesso geologo Molnia ha effettuato dichiarazioni di stampo opposto, sconvolgendo il mondo dei glaciologi: dai dati satellitari, i ghiacciai dell'Alaska sono risultati in forte crescita, per la prima volta da moltissimo tempo, grazie all'effetto combinato di grandi precipitazioni nevose invernali, e di un'Estate di almeno 3° sotto la norma dal punto di vista termico.

In realtà, i ghiacciai di questa zona sono ipersensibili ai cambiamenti climatici anche solamente piccoli: per alcuni di loro si sono infatti misurate avanzate spettacolari nel corso degli anni '60, di parecchi chilometri in una sola Estate, tanto che si coniò il termine di "ghiacciai galoppanti", fenomeno dovuto non solamente alle variazioni termiche e pluviometriche, ma anche a conformazioni particolari del bacino glaciale e ad altre concause.
Anche gli arretramenti, del resto, sono stati del tutto spettacolari.

Fuori dell'Alaska, è noto il caso del ghiacciaio Kutiah, nella catena del Karakorum, che registrò un'avanzata di 12 km in soli due mesi! Ma in questo caso per motivi ben differenti a un brusco abbassamento di temperatura.

Siccome la notizia di un'inversione di tendenza nell'arretramento generale da parte dei ghiacciai dell'Alaska non è passata inosservata, siamo andati alla ricerca di quelle che possono essere state le cause climatiche di questo avanzamento e a verificare pertanto i dati meteorologici dell'ultimo anno di alcune stazioni situate nel cuore di questo vasto Stato nord americano.

Il grafico termometrico della città di Fairbanks, mostra uno scarto termico positivo di +0,24°C negli ultimi 12 mesi, ma con questa periodizzazione: i mesi di Novembre e Dicembre 2007 sono stati molto miti, così come il mese di Marzo 2008, mentre, effettivamente, ogni altro mese dell'anno 2008 è stato più freddo della norma, seppur di poco, per culminare con un periodo Ottobre- inizio Novembre 2008 freddissimi, di 6-7°C inferiori alla norma, in un vero e proprio inverno anticipato.

Le precipitazioni annue sono in forte crescita, sono caduti 350 mm di pioggia contro una norma di 247 mm.

Anchorage, sulla parte meridionale, vicinissima alle grandi catene montuose dell'Alaska ed alle principali lingue glaciali di questa Nazione, ha forse dati più significativi, anche perché riguardano direttamente la zona dove i ghiacciai si formano.

In questo caso, l'anno 2008, ad eccezione del mese di Marzo, appare notevolmente freddo, costantemente tra 1° e 2°C al di sotto dei valori normali, e con un "picco" di freddo tra Ottobre e Novembre.

Piogge oltre la norma anche ad Anchorage: qui sono caduti 450 mm di pioggia contro una norma annua di 380 mm.

Le condizioni meteorologiche, con temperature nel 2008 più basse della norma, e con precipitazioni abbondanti, sono state dunque veramente favorevoli all'avanzata glaciale.

C'è da chiedersi, invece, se sarà un semplice "fuoco di paglia", oppure solo l'inizio di un ciclo climatico più freddo su questa zona.

Quanto alle cause, viene subito da pensare al prolungato minimo di attività solare, anche se potrebbero essercene altre, come variazioni della temperatura superficiale dell'Oceano Pacifico.

L'intenso Global Warming del Terzo Millennio avanti Cristo

I dati paleografici, mostrano un clima fortemente caldo nei millenni che seguirono l'Era Glaciale, e che precedettero lo sviluppo della Civiltà greco-romana.



immagine articolo 19020

Marco Rossi: 11-11-2008 ore 14:07

Ci sono molti metodi per scoprire il tipo di clima che interessò l'Europa nel lontano passato, quando non esistevano né testimonianze scritte, né, ovviamente, misurazioni pluviometriche.

In questo caso si ricorre allo studio dei fossili, degli strati di terreno, dei pollini, dei ritrovamenti di animali, e dei tipi di alberi che popolavano una certa zona, datati con precisione con il metodo del Carbonio 14.

Da tutti questi dati emerge un Europa che, reduce dalla lunga e gelida Era Glaciale, che aveva visto la calotta polare estendersi su tutta la Scandinavia e le Isole Britanniche, si è presa poi la sua bella rivincita sul gelo invernale, sfoderando un clima caldissimo, molto più dell'attuale.

Tale Optimum Climatico Postglaciale, conosciuto già da diversi decenni, sembra aver raggiunto la sua fase di massima intensità tra il 4000 ed il 2200 a C., un periodo di tempo sufficientemente lungo da permettere alle foreste ed alla vegetazione di conquistare aree settentrionali e di alta montagna.

Le prove che abbiamo a disposizione su questo clima molto caldo sono numerose.

In Scandinavia, anzitutto, la vegetazione arborea era situata ad altitudini di almeno 400 metri più elevate dell'attuale, ed erano presenti foreste di nocciolo (fino a circa 66° di latitudine nord).

In Groenlandia il mitilo è stato ritrovato in depositi di spiagge risalenti a questo periodo, fino a circa 73° di latitudine nord (oggi non va oltre i 66°).

Esaminando gusci di coralli col metodo del Carbonio 14, ne emerge che la Corrente oceanica del Curo Shio fosse più calda di adesso di almeno 4-5°C, e si portasse più a nord di ora.

In Cina il bambù era spostato più a nord di almeno 3° di latitudine, rispetto alle posizioni presenti nel XX Secolo.

Se ne deduce, da tutti questi indizi, che nel nostro Emisfero settentrionale le temperature medie fossero più elevate di almeno 2,5 - 3°C, rispetto a quelle medie dello scorso secolo, e che in Europa gli inverni fossero mitissimi, ma anche le Estati fossero probabilmente più calde di un paio di gradi.

Un vero e proprio "Global Warming" verificatosi in tempi preistorici, dunque.

Esso ebbe grandissima importanza per le popolazioni europee, che trovarono condizioni climatiche favorevoli al loro insediamento sul nostro Continente, potendo anche penetrare a sud dei sistemi montuosi Alpini e Pirenaici, i quali erano quasi del tutto privi di neve, e probabilmente con passi aperti anche in Inverno.

Ma quali le cause di tutto questo caldo, seguito al grandissimo freddo dell'Era Glaciale precedente?

A dire il vero, non si conoscono ancora con esattezza le cause di queste variazioni climatiche così intense e spesso improvvise.

La teoria più accreditata fu formulata dall'astronomo Milankovitch, che prendeva in considerazioni i moti periodici del nostro Pianeta (variazione periodica dell'inclinazione dell'asse terrestre, variazioni periodiche del moto orbitale attorno al Sole), moti che causano anche la variazione della radiazione solare in arrivo sul nostro Pianeta.

Ma potrebbe anche trattarsi di variazioni della ben nota "costante solare", della quantità di radiazione in arrivo dal Sole, che, mutando in percentuali anche molto piccole, potrebbe determinare variazioni anche considerevoli nel nostro clima.

Comunque, tale grande Optimum Climatico ebbe poi fine nel corso dei Secoli successivi, inaugurando un clima molto freddo che accompagnò lo sviluppo della Civiltà Romana nel corso del 1° Millennio avanti Cristo.